giovedì 27 gennaio 2011

Una breve nota sulla Memoria


La Storia si ripete. La teoria dei corsi e ricorsi storici ha sicuramente un suo fondo di verità. Ci sono delle costanti che nelle vicende umane sembrano alternarsi in modo quasi infallibile.
Il tempo delle crisi, delle persecuzioni, delle torture, il tempo delle crociate, delle ideologie e dei fondamentalismi. Il tempo in cui si bandiscono i libri, l'arte e la cultura; il tempo dell'intolleranza.
La Storia volge tuttavia verso uno scenario in cui il sapere è sempre più condiviso e dove attraverso la scienza si ha la possibilità di conservare e diffondere la conoscenza in modo quanto mai capillare.
Certamente, la nostra generazione si trova di fronte a strumenti prima impensabili e a responsabilità colossali e mai viste. Ma abbiamo anche la grande opportunità, tuttavia, di rendere davvero indelebile la memoria di certi fatti, e dobbiamo farlo proprio in virtù delle sfide che ci attendono. La rete, la comunicazione, la formazione devono essere i veri obiettivi del futuro globale, perchè forse per la prima volta nella storia delle vicende umane si ha la possibilità di imprimere nella memoria collettiva un ricordo di certi eventi che sia critico e consapevole.
L'alfabetizzazione informatica è il seguito naturale di quella storica, che portò le masse popolari a saper leggere e scrivere. Testimonianze quasi sconosciute, perchè legate ad argomenti rimasti per secoli nell'ombra, adesso girano grazie alla rete, oltre ogni censura più o meno esplicita.
Che il nostro progresso etico e morale sia molto più lento e complesso di quello scientifico è un fatto assodato. Tuttavia, nella sua storia, l'umanità è stata anche capace di fare grandi cose. E se esistono delle costanti storiche, non significa che una costante sia eterna solo per il fatto che si ripeta.
Come diceva Hume, che il sole sorga domani è un fatto di abitudine. E quella era la stagione dei lumi, che ebbe il grande pregio di saper guardare avanti ma anche il grande difetto di volgere la propria luce solo verso il futuro. Noi invece dobbiamo avere l'astuzia di illuminare nella propria interezza il passato, il presente e il futuro e forse siamo i primi a poter disegnare le fondamenta di una comunità umana della memoria in cui ognuno possa farlo da sé.

mercoledì 19 gennaio 2011

Il LINGUAGGIO DELLA BIOETICA, UN CROCEVIA PER LA LAICITA'


Il prossimo 31 Gennaio, il Dipartimento Sanità e Salute di Italia dei Valori, insieme alla Consulta di Bioetica Onlus e al centro studi Politeia, promuove il dibattito, “Quale terminologia per la Bioetica? Un dizionario per la Politica” presso, Palazzo Marini, ore 14.00, Sala delle colonne, Roma. Parteciperanno alcuni tra i più noti studiosi italiani dell'argomento, tra cui Stefano Rodotà, Maurizio Mori, Eugenio Lecaldano, Carlo Flamigni, oltre che esponenti del mondo politico appartenenti a diversi schieramenti, come l'On. Palagiano, l'On. Della Vedova e il Sen. Marino.


L'obiettivo dell'iniziativa è la chiarificazione del linguaggio e della terminologia utilizzate dalla politica in merito ai cosiddetti temi etici. Si tratta, purtroppo, di smascherare un vergognoso gioco demagogico che fa leva in modo strumentale sulle paure e sugli istinti più profondi dell'individuo, che il più delle volte non ha gli strumenti cognitivi per difendersi dalla mistificazione di argomenti così complessi. Senza la minima delicatezza per i drammi personali e familiari che queste vicende comportano, sentiamo ormai parlare a ruota libera di vita, omicidio, abbandono di disabile, morte di fame e di sete, crudeltà, e abbiamo assistito negli anni a fenomeni di vera e propria gogna mediatica nei confronti di personaggi come Piergiorgio Welby e Beppino Englaro, che altra colpa non hanno se non quella di aver lottato entrambi per il principio di autodeterminazione del paziente e per la libertà di scelta sul proprio corpo, fondata sugli articoli 3, 13 e 32 della Costituzione.

Una delle cause di questo fenomeno, la più importante, risiede sicuramente nel fatto che in Italia una determinata area culturale, strettamente legata al potere politico e supportata dai media, ha scelto di difendere a spada tratta un'ideologia di carattere confessionale e a tratti integralista, senza tener minimamente conto di un panorama medico-scientifico mutato più negli ultimi 40-50 anni che nell'intera storia della medicina, e facendone, cosa ancora più grave, una rinnovata e potentissima arma di persuasione.

Assistiamo ormai regolarmente a esperti, prelati e opinionisti che travisano ad arte il significato dei termini al di là di ogni riferimento e fondatezza scientifica. La “difesa della vita”, come se qualcuno dall'altra parte fosse “per la morte”, ed è ormai diventata un leitmotiv consolidato da parte di gruppi di interesse molto influenti in Italia, che fanno della potenza mediatica di certe immagini retoriche un arma di potere e di consenso a livello politico.

Negli ultimi anni, la bioetica è entrata nell'agenda politica, è questo ha determinato una contrapposizione sempre più aspra e frontale tra laici e cattolici, i due presunti schieramenti che secondo i media riassumerebbero le posizioni in gioco. In realtà, siamo di fronte ad un'immagine ampiamente distorta; se il fronte “laico” spesso non riesce a trovare uniformità d'azione, specie sul piano politico, non esiste concordia nemmeno all'interno della Chiesa cattolica, né tantomeno, cosa più importante, su come comportarsi nei confronti della politica. La Chiesa tedesca, ad esempio, si pone su posizioni diverse rispetto a quella romana, avendo predisposto già nel 2003 un modello di testamento biologico per il cristiano e, sopratutto, avendo favorito il dibattito in Germania sull'argomento, senza entrare nel merito delle scelte fatte poi in termini legislativi dal Governo tedesco. Per non parlare della galassia di chiese e comunità cristiane ed evangeliche che hanno assunto posizioni lontane da quelle vaticane, insieme ad eminenti personalità della cultura internazionale come il teologo Hans Kung.

Tuttavia, senza entrare nel merito delle dottrine, è chiaro che il dibattito italiano ha assunto toni inaccettabili e non possiamo più lasciare che un pensiero di carattere ideologico e confessionale continui a condizionare in modo così pesante la politica italiana, come troppe volte è successo; basti citare, tra gli ultimi episodi, l'appello del cardinale Bagnasco, a pochi giorni dalle elezioni regionali del Lazio, a votare “per la vita e contro l'aborto”, o l'assurda indizione per il 9 febbraio prossimo della “giornata degli stati vegetativi permamenti”, che vorrebbe inculcare negli italiani l'idea che i magistrati hanno voluto la morte di Eluana Englaro. L'idea del Governo, inoltre, di riprendere prossimamente il ddl calabrò sul testamento biologico, di impostazione chiaramente cattolica, è palesemente funzionale al semplice scopo di recuperare consensi presso i centristi e di spaccare il fronte dei i finiani, come ha denunciato anche Famiglia Cristiana.

Al di là delle divisione del “fronte ideologico”, è necessario pensare in modo concreto alla costruzione di un fronte laico, trasversale, che possa attuare finalmente quei valori di laicità e libertà garantiti dalla costituzione. E' necessario, sopratutto, far passare nel tempo l'idea che laicità non significa relativismo e immoralità. Abbiamo bisogno di una cultura dell'etica e dell'educazione fondata su valori pubblici e condivisi, nella migliore tradizione dei documenti internazionali sui diritti umani, che possa chiaramente mostrare di non essere quello che non è, ossia l'anticamera del relativismo, come spesso viene additato ogni tentativo di emancipazione dal confessionalismo dominante nel nostro Paese.

Infine, bisogna ribadire che questi sono temi che riguardano nel modo più intimo la salute e la libertà del cittadino, basti pensare alla possibilità di poter disporre del proprio corpo da parte della donna, alla libertà di scegliere a quali trattamenti medici sottoporsi anche in situazioni irreversibili di incoscienza, alla possibilità insomma di veder rispettate la propria sofferenza e le proprie idee sulla vita e sulla morte. Noi riteniamo che tali argomenti debbano essere affrontati a partire da un confronto serio con la comunità scientifica, giuridica e filosofica e per far questo è necessario iniziare a far luce sul significato dei termini in questione, troppo spesso ormai svilito dalla retorica degli slogan.

lunedì 10 gennaio 2011

L'educazione sessuale non è una minaccia alla libertà religiosa




Dall'educazione sessuale al “monopolio statale della scuola”. Questi sono i problemi della Chiesa di Ratzinger. Ma la “fede” e i credenti, sono sempre più lontani.

Anno nuovo Chiesa vecchia. Discorso di inizio anno al corpo diplomatico della Santa Sede. In due dei passaggi più importanti, Benedetto XVI dichiara che la libertà religiosa nella UE sarebbe minacciata dall'educazione sessuale che viene impartita in certi paesi.
“Non posso passare sotto silenzio un'altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un'antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”.

Premesso lo sconcertante fardello storico che la chiesa cattolica si porta dietro in termini di negazione della libertà religiosa, fatto di secoli di crociate, violenze e inquisizione, ammettiamo pure che siano sufficienti il mea culpa di Giovanni Paolo II per i peccati della Chiesa Cattolica e, prima ancora, l'annunciata svolta del Concilio Vaticano II, rimasta purtroppo solo “annunciata”. Pur tralasciando il passato, le parole di Ratzinger sono una limpida manifestazione della volontà di una Chiesa premoderna, come più volte hanno affermato diverse personalità del cattolicesimo dissidente, come Hans Kung, e come si è visto di recente nel caso dei vescovi lefebvriani.

Venendo al punto; perchè l'educazione sessuale minaccia la libertà religiosa? Se la libertà religiosa dei cattolici deve fondarsi sull'inconsapevolezza della sessualità e dei suoi fenomeni o su una visione diversa di essa, non bastano forse le parrocchie e i catechismi a diffonderla? E, sopratutto, il fatto che la partecipazione sia “imposta”, è una cosa del tutto normale, se usassimo il termine “ordinaria” magari. Evidentemente a Ratzinger non sta bene che vi siano Paesi dove lo stato si occupi di educare attraverso la Scuola pubblica anche sui temi che riguardano l'etica, senza aver cura dell'insegnamento della religione cattolica, fornendo quindi non precetti, bensì informazioni e strumenti.

Tuttavia, la cosa più importante: libertà religiosa significa libertà di scegliere tra idee diverse: anche quando i contenuti trasmessi da questi corsi fossero contrari alla fede, è proprio lì che si esercita la libertà del singolo, quel libero arbitrio che fa parte della migliore tradizione teologica; tutt'altro è pretendere l'uniformità del pensiero. Che essi poi, siano contrari alla retta ragione, è un'affermazione degna del più classico stile inquisitorio, in quanto è necessario riconoscere che le strade della ragione non si trovano solo a San Pietro, ma esistono comunità scientifiche internazionali delle quali bisogna avere rispetto.

Meglio ancora, bisogna ricordargli che la ragione di Tommaso d'Aquino, e se vogliamo anche quella del razionalismo filosofico, sono meravigliose conquiste della filosofia così come la stampa di Gutemberg nell'ambito della tecnologia: a loro ogni onore, ma hanno semplicemente fatto il loro tempo. Infine, in modo molto più semplice, è necessario ricordare questo: l'educazione sessuale di cui parla il Papa è un fenomeno per sua definizione “educativo” e pubblico. Se il papa scendesse nel merito indicando un corso dove si insegna qualcosa di osceno ed indicibile sarebbe diverso, ma restando in un ambito generale, educare la cittadinanza cercando di livellare le differenze sociali è quanto dovrebbe fare un Paese democratico ed è anche quello che è scritto nella nostra Costituzione.

Nel concreto, un corso di educazione sessuale è uno strumento utilissimo affinchè, ad esempio, la figlia di un padre che non è ginecologo e magari non ha studiato ed è purtroppo abituato a trattare come tabù l'argomento, possa evitare di rimanere incinta a 13 anni. Questo fenomeno si è reso ad esempio preoccupante negli ultimi anni in particolar modo in Inghilterra, ma pensiamo anche a quale ruolo possa avere l'educazione sessuale nei paesi in via di sviluppo dilaniati dall'AIDS. In ultima analisi, se per la Chiesa Cattolica, la libertà del credo cattolico è minacciata da qualcosa che è sostanzialmente educazione e formazione, nel senso più illuministico del termine, per di più su fenomeni che riguardano strettamente la natura dell'uomo, allora il discorso è semplicemente inverso, è il credo cattolico che minaccia la democrazia. O, quantomeno, il credo secondo il magistero cattolico e la dottrina ufficiale della Chiesa Romana, ormai peraltro in conflitto con diversi episcopati europei, tra cui quello tedesco.

In un altro passo del discorso Ratzinger ha affermato:

“è preoccupante che il servizio che le comunità religiose offrono a tutta la società, in particolare per l'educazione delle giovani generazioni, sia compromesso o ostacolato da progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica, come si constata ad esempio in certi Paesi dell'America Latina"
Riconoscere la libertà religiosa - ha detto il Papa durante l'udienza - significa anche garantire che le comunità religiose possano operare liberamente nella società, con iniziative nei settori sociale, caritativo od educativo. In ogni parte del mondo, d'altronde, si può constatare la fecondità delle opere della Chiesa cattolica in questi campi". "Esorto tutti i governi - ha aggiunto - a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l'educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarietà, fondamentale per organizzare una società giusta".

Senza scendere nel merito della situazione dell'America Latina, dal calderone incredibile che si addensa in queste parole, bisogna scindere l'opera del missionario, che ha i suoi pregi, dalla rivendicazione della libertà educativa e da certi allarmismi. Credo che l'idea di “monopolio statale in materia scolastica” sia un concetto tanto assurdo quanto fuorviante. Il monopolio si ha di una merce e di un mercato. La cultura non è una merce. O forse per loro si, viste le rette delle scuole cattoliche in Italia. Ad ogni modo, andando con ordine, l'istruzione, quella pubblica, è un'istituzione, per cui è necessariamente statale. Sarebbe come parlare di monopolio del potere esecutivo. Ad essa spetta l'educazione della cittadinanza secondo i principi costituzionali.

Si tratta pertanto di un impostazione del problema macchiata da un pesante sofisma. Il discorso sulla libertà di insegnamento e la libertà religiosa va pertanto scisso dalla fantomatica invenzione del monopolio statale dell'insegnamento. Che oltre all'istruzione pubblica debba essere garantita la libertà religiosa e di insegnamento è chiaro, ma è essa non viene garantita salvaguardando LA Chiesa cattolica, bensì ogni tipo di insegnamento che sia in grado di guadagnarsi la fiducia degli utenti e, sopratutto, non comporti oneri per lo Stato (art. 33). E' proprio quel “monopolio statale” a garantire la libertà religiosa, perchè fa capo direttamente allo Stato, che in una democrazia è l'ente cui compete la dialettica tra le diverse parti sociali e la garanzia di ogni libertà attraverso le leggi. Inoltre, sentir dire che, in generale, tutti i governi devono rispettare la libertà delle famiglie nella scelta educativa e devono ispirarsi al principio di sussidiarietà e di giustizia sociale, ha realmente del tragicomico, se pensiamo alla situazione italiana.

E' pressoché inutile ricordare che nel nostro Paese le scuole cattoliche sono quasi sempre scuole d'èlite, con rette che nulla hanno a che vedere con la sussidiarietà, e inoltre, in barba alla giustizia sociale e agli insegnamenti evangelici, la CEI non fa altro che barattare da mesi un briciolo di silenzio in più sui disastri del governo e sugli scandali sessuali del Premier con il mantenimento forzato dei finanziamenti alle proprie scuole (e di altri privilegi), che sono la stragrande maggioranza delle scuole private (sempre per parlare di libertà religiosa, basta vedere la nota del ministero del tesoro del 2-11-2010). Costi quel che costi, anche che il figlio dell'operaio vada in prima elementare con 35 compagni di classe e una scuola pericolante, che gli insegnanti precari facciano la fame, che lo studio diventi un privilegio. Insomma, con tutto il rispetto, invece di pensare all'educazione sessuale, ai “monopoli” e ai massimi sistemi, Ratzinger ripassi il Vangelo: potrebbe sembrargli “relativista”.



http://www.repubblica.it/esteri/2011/01/10/news/papa_sicurezza_cristiani-11040589/?ref=HREC1-8

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