lunedì 28 novembre 2011

La De Gregorio sul PD. Disarmante.



Le dichiarazioni di Concita De Gregorio sabato scorso a Pisa, durante l'assemblea di TILT, pubblicate oggi dal Fatto Quotidiano, confermano ciò che si sospettava da tempo, una strategia a perdere che il partito democratico non può più permettersi. Ma, sopratutto, che l'Italia non può più permettersi. E' indecoroso, per non dire miserevole, puntare su Fini e sulla crisi economica per rafforzarsi e andare al governo con il terzo polo" - "E' questo, infatti, che la De Gregorio racconta, circa la strategia durante le scorse regionali del Lazio in cui il PD avrebbe preferito perdere per favorire la Polverini, vicina appunto a Fini. Ciò che inoltre diventa quasi meschinità da avvoltoi è la parte in cui la De Gregorio chiede "ma gli elettori?" e si vede rispondere: "ci penserà la crisi economica". Non sono disposto, insieme a tutti i giovani che militano nell'Italia dei Valori, a vedere il Paese colare a picco per colpa di una strategia che vuole un centrosinistra alleato con il terzo polo grazie agli effetti della crisi e dei giochini elettorali sulla pelle delle persone. Siamo convinti che non è quella l'alternativa ad una politica fatta di interessi particolari a discapito delle nuove generazioni, ad una politica che sul declino del Paese e sulla povertà di molti è convinta di poter mantenere il controllo dei propri affari. Siamo consapevoli, proprio come ha affermato la De Gregorio, che Berlusconi si è dimesso per colpa della situazione internazionale e non per merito dell'opposizione. O, per dirla ancora più cruda, per salvare le sue aziende. Con il governo Monti abbiamo l'opportunità di una opposizione nel merito delle questioni, che non è tuttavia possibile senza un'atteggiamento trasparente che non lasci spazio a congetture su ipotetici accordi segreti. Se non saremo capaci di costruire un'alternativa reale, che abbiamo chiesto da tempo anche con le primarie, ci ritroveremo presto incalzati nuovamente dalla retorica berlusconiana, che ha già cominciato a rifarsi sentire con la solita minestra stracotta dei comunisti. Allora bisogna farsi sentire, su precariato, diritto allo studio, patrimoniale, evasione, spese militari; oltre a questo, noi giovani abbiamo il dovere di iniziare a costruire quella sinistra moderna che ancora non esiste, ma che tuttavia nelle nostre menti sa già ciò che non deve essere e sa già che non parlerà il linguaggio di Letta, di Ichino, di D'Alema o di Renzi.

sabato 26 novembre 2011

Matrimonio e unioni civili non sono in contrapposizione
















Oggi sono stato ad una bella iniziativa di SEL sui diritti civili e le questioni LGBTI. C'è tanto lavoro da fare e difficilmente avremo risposte da Monti, tuttavia è chiaro che il riconoscimento dei diritti civili deve passare per una nuova elaborazione culturale, chiara ed alternativa, del concetto di famiglia e degli istituti giuridici esistenti. Unioni civili e matrimonio non sono in contrapposizione: in diversi paesi europei coesistono diversi istituti giuridici, che regolano in maniera diversa i diritti e doveri dei conviventi. Come abbiamo già detto aderendo allo scorso europride, tutte le coppie devono avere libero accesso a tutti gli istituti giuridici previsti dall'ordinamento, compreso il matrimonio, ma il nostro obiettivo, in pieno spirito liberale, dev'essere quello di promuovere una pluralità di soluzioni giuridiche, come avviene in diversi paesi europei.

mercoledì 23 novembre 2011

Dibattito in Sapienza con Antonio Di Pietro

Oggi ho avuto il piacere di moderare il dibattito organizzato da UniOn sulla costituzione e il diritto allo studio con Di Pietro, Granata e Canino. Dico il piacere perchè si è realizzato un confronto aperto e dinamico con i ragazzi; i "politici" erano davvero senza barriere. Bellissima introduzione inoltre di Mario Canino, docente di filosofia, che ha sottolineato le radici greche e laiche della Carta costituzionale, da Aristotele fino a Calamandrei. Di Pietro e Granata hanno poi risposto a tono ad ogni domanda, anche quelle più "scomode". Di Pietro in particolare, ha anche parlato di riforme importante per l'università, come il ruolo unico e la democrazia interna.

domenica 13 novembre 2011

Italia 1861 - Europa 2011


Quando l'Italia, nel 1861, divenne ufficialmente un Paese unito, le differenze tra usi, costumi, tradizioni, economie tra le varie regioni erano davvero profonde, si trattava realmente di stati diversi, quali infatti erano i vari soggetti politici che vennero unificati attraverso un processo storico complesso. La differenza attuale tra l'italiano e il finlandese, medio, potremmo dire, non è molto distante tra quella che c'era tra un siciliano e un piemontese nel 1861, ma anche tra un romano e un veneziano, tra un fiorentino e un pugliese. Anche a livello linguistico: gli strumenti che diffusero la lingua italiana furono la leva militare nazionale e la scuola pubblica statale; per diversi decenni giovani di nord e sud non riuscivano quasi a capirsi.

Vuoi che oggi noi, di fronte ai colossi mondiali in espansione, con armi come web, social network, una lingua globale, trasporti e tecnologie impensabili all'epoca, non riusciamo a fare l'Europa?

L'Italia la fece la politica del regno sabaudo è vero. Ma la prima di tutto chi ci credeva e senza costoro nulla si sarebbe potuto realizzare. E ai revisionisti dico, senza troppe chiacchere: meglio il nord austriaco, il centro pontificio e il sud borbonico alla deriva di chissà cosa? Cosi come adesso agli euroscettici di oggi dico: meglio l'Italia e la Spagna in default, la Germania e la Francia che finiscono per cedere la sovranità agli investitori asiatici e l'europa complessivamente uscire di scena dalla politica mondiale e dalla storia? Forse è il caso che la politica si muova...ma forse è il caso, sopratutto, che qualcuno come allora ci creda davvero..E che qualcuno che ci creda faccia politica!

martedì 1 novembre 2011

Voglio allearmi con il partito che non c'è


Antonio Di Pietro dichiara che a determinate condizioni sarebbe disposto ad appoggiare Bersani alle primarie. E tutti sono già a ricamare fiumi di parole su presunte svolte e giravolte. La verità è molto, molto più semplice, elementare direi. Si tratta di uno dei pochi personaggi politici che ancora può girare in mezzo alla gente, una persona alla quale viene ancora la pelle d'oca a vedere lo sfacelo che stiamo vivendo, come uomo, come cittadino e poi come politico; si tratta di una persona che non è disposta a vedere un minuto di più l'Italia dilaniata e che per questo, se potesse servire a placare l'attuale clima da pollaio del centrosinistra, ha valutato anche questa opzione.



Io personalmente non credo che si verificheranno le condizioni che Di Pietro ha in mente per poter percorrere questa strada e che alla fine parteciperà anch'egli come candidato.

Vorrei tuttavia concentrare il dibattito su un'altra questione. Il nuovo centrosinistra dovrà costruire giorno per giorno una propria identità, innovativa e riformista, che metta al centro i diritti delle persone e che possa fare a meno dei vari D'Alema, Violante, Ichino, Teodem & co., così come di parolai come Renzi, che francamente, riprendendo Luigi De Magistris, non mi interessano proprio.



L'elemento chiave, la vera svolta, starà nella nostra capacità di riportare al voto quella marea umana che è ormai appassionata solo al partito dell'indifferenza, il principale alleato dell'autoritarismo e della mala politica. Come giovani dell'Italia dei Valori, ma anche come parte di un movimento giovanile più ampio che sta prendendo corpo nel modo più spontaneo e naturale dalle piazze ai comitati, dobbiamo rompere quello stramaledetto muro del qualunquismo, portare gli illusi e i giovanissimi a votare, fargli capire che la parola politica non è un sinonimo di "soap opera" ma è sinonimo di lavoro, studio, pensione, reddito; se vogliamo è sinonimo di quel cantiere infinito in mano alla mafia, di quell'affitto che non riesci a pagare, di Giuliano Ferrara al posto di Enzo Biagi, dell'aggressione omofoba in giro per la strada, degli scontrini che tanti non ti fanno che tutti insieme fanno magari un ospedale o una scuola nuova, della piccola azienda di papà soffocata da un Ciarlatano che ha liberalizzato solo la truffa e i condoni.



Quella gente che dice "io non voto". Loro sono la risorsa per cambiare l'Italia.

Ai grillini dico solo questo: quel lavoro di rottura e di informazione che avete fatto per tanti anni è stato prezioso. Ma adesso lo state rendendo vano. Non mi riferisco principalmente all'esito elettorale in Piemonte e Molise, le cui responsabilità sono complesse, ma al messaggio politico che state lanciando. C'è chi fa opposizione in questo Paese, non possiamo fare tabula rasa, il qualunquismo è pericoloso.



La rete sta cambiando il mondo, anzi, dirò di più, sta forse realizzando storicamente il concetto stesso di democrazia. Tuttavia, così come ogni invenzione storica che ha riguardato la comunicazione e la condivisione di esperienze, ricordiamoci che parliamo di strumenti. Lutero ha usato la stampa per diffondere idee ancora medioevali; ha dato l'opportunità di comprenderle personalmente senza il filtro del prete e del Papa, ma sempre della colpa e del peccato si parlava. Allo stesso modo, qualcuno oggi da l'illusione della partecipazione attraverso un "mi piace"; si tratta di potentissimi nuovi canali, che mutano anche l'organizzazione del tempo e della vita, ma restano porte che vanno aperte, link che vanno cliccati, pagine che vanno lette criticamente, contenuti che vanno creati e discussi.



La democrazia ha bisogno del confronto vero, umano, condiviso, delle assemblee, delle mediazioni, delle decisioni, dell'elaborazione dei contenuti, delle strutture. La politica deve ridurre enormemente i propri costi e i propri privilegi, scendere dal piedistallo e ritornare nelle strade, su questo siamo d'accordo. La politica è una missione, siamo d'accordo anche qui, ma, proprio per questo motivo, il politico non è l'ultimo dipendente pubblico arrivato, non è una figura che nasce dall'oggi al domani; merita rispetto tanto il cittadino con l'elmetto, quanto il giovane che si impegna per il cambiamento all'interno dei movimenti e dei partiti, quanto l'esperienza di chi è già all'interno delle istituzioni, ma non è uguale agli altri.



Detto questo, tornando alla nostra Italia, il vero obiettivo dev'essere la costruzione di un'alternativa che possa fare a meno in tutte le sedi di quel guazzabuglio che si sta addensando intorno al terzo polo, che rischia di essere l'ago della bilancia e di impedire come già è successo un cambiamento vero.



Per realizzare tutto questo preferisco allearmi con il partito che non c'è. La politica fatta col pallottoliere non paga. Napoli e Milano, quando nessuno ci credeva, lo hanno dimostrato.



Rosario Coco

Resp. Naz. Scuola Università e Cultura Giovani IDV

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